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mercoledì 19 agosto 2020

Letture sotto il solleone: Dato che me lo avete chiesto in tantissime. L'inevitabile manuale di sopravvivenza a mode, social e casi umani

Ferragosto all'insegna del relax: gita fuori porta, pic-nic, digital detox e lettura.
Per non soffrire troppo la lontananza dai social network ho optato per un libro che ruota intorno al mondo di Instagram, prima (e secondo l'autrice unica) pubblicazione di un'instagrammer (ma non osate chiamarla influencer!) e conduttrice radiofonica.

Dato che me lo avete chiesto in tantissime
L'inevitabile manuale di sopravvivenza a mode, social e casi umani
Annie Mazzola
Baldini+Castoldi

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Per leggere questo libro è necessario masticare i termini e le dinamiche del social dalle fotografie in formato 1:1, ovvero hashtag, stories, spunte blu al profilo, ecc. altrimenti tanti argomenti trattati e diverse battute risulterebbero incomprensibili.
E' probabile che il lettore tipo di questo libro sia un follower di Annie Mazzola, ma non escludo che possa capitare tra le mani di chi, come me, pur non avendo mai visitato il suo profilo è stato attratto dal titolo perché fan di Instagram. 
"Dato che me l'avete chiesto in tantissime" è infatti la frase con cui instagrammers più o meno note esordiscono nelle stories per parlare di prodotti utilizzati o di capi di abbigliamento indossati, spesso a scopo pubblicitario e sponsorizzati dalle azende produttrici.

Anche Annie riceve dai suoi followers parecchie domande, le tre più gettonate sono:
Perchè non fai una serie tv?
Perchè non scrivi un libro?
Come ti tagli la frangia?

Se la risposta alla seconda la conosciamo già, per le altre è ncessario leggere il libro.

I primi capitoli sono incentrati sulla sua vita prima di approdare ad Instagram: sfata il mito del magico mondo incantato della moda, nel quale ha lavorato per diversi anni, fatto non solo di abiti da sogno, viaggi e location da urlo; parla della sua collaborazione con un importante brand; racconta della sua famiglia e della sua infanzia. Il resto del libro è dedicato ad Instagram, alle mode e alle categorie di personaggi più strambi che ne sono scaturite. Attraverso pagine leggere ed ironiche, da leggere in un pomeriggio, Annie spazia tra gli argomenti prediletti dai frequentatori del social, primo fra tutti il cibo, o forse è meglio utilizzare il termine inglese food, con i piatti da fotografare non appena vengono serviti a tavola e le più assurde diete; parla dell'abuso di hashtag (e qui mi sento tirata in causa) e raggruppa gli instagrammers in categorie; invoca lo stop alla pubblicazione di foto viste e riviste su più profili; bacchetta gli haters, infelici leoni da tastiera pronti a commentare negativamente ogni post.
Il capitolo che mi è piaciuto di più? "E' ora di dire basta" dove finalmente qualcuno ha il coraggio di dire che non si possono indossare cose a caso solo perché fanno tendenza. I miei insopportabili? NO alle infradito di plastica in città e alle ciabatte con il pelo in estate, NO all'intimo in bella vista o ancor peggio al pantalone abbassato che mostra il solco del lato B, NO alle borse tarocche e NO, ASSOLUTAMENTE NO al collant color carne!!! Il capitolo "casi umani" l'avrei invece approfondito, ma Annie è più giovane di me e probabilmente non ne ha (ancora) incontrati tanti! 

sabato 8 agosto 2020

Alla (ri)scoperta della Lombardia: Panchine con vista

Pare che farsi immortalare su di una panchina gigante con vista sul lago d'Iseo sia una delle cose da fare assolutamente nell'estate 2020. Potevo quindi non avere una foto (leggasi servizio fotografico) che mi ritraesse in veste lillipuziana?

Big bench, panchina gigante, lago d'iseo, visit lake iseo, iseo

Un anno fa avevo deciso che il primo giorno d'estate del 2020 l'avrei passato al mare, ma non avevo considerato tra i possibili imprevisti lo scoppio di una pandemia. Quindi eccomi ad inaugurare questa pazza estate con una straordinaria vista sul mio amato lago d'Iseo.

Sono seduta su una delle grandi panchine, idea del designer americano Chris Bangle che realizzò la prima nel 2010 a Clavesana, nelle Langhe, paese dove vive con la moglie.
L'idea originale è rappresentata non dalla realizzazione in sè, ma dalla scelta di posizionarla in un punto panoramico in modo che chi vi salga possa meravigliarsi, come fanno i bambini, del paesaggio. Le dimensioni (2 metri e mezzo di altezza per oltre 3 metri di larghezza e ben 350 kg) inoltre permettono di renderla fruibile a più persone contemporaneamente, per emozionarsi con la propria famiglia o gli amici.

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Il successo dell'installazione ha spinto il designer a fondare con la moglie il BIG BENCH COMMUNITY PROJECT (BBCP), con l'intento di promuovere le realtà artigianali e il turismo delle località in cui sorgono. Il progetto prevede la fornitura gratuita da parte dell'artista dei disegni e delle indicazioni per realizzare la panchina, a condizione che venga posizionata in un punto panoramico, sempre accessibile gratuitamente a chiunque.

Philippe Daverio avebbe sicuramente citato questa attrazione nel suo libro La buona strada se non fosse che in Lombardia è arrivata solo da pochissimi anni. Oggi il progetto ha visto prendere forma ben 110 panchine (ma il numero è in continua crescita), principalmente tra Piemonte e Lombardia.

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Come tenere traccia di tutte le panchine visitate? Oltre ad un nutrito archivio fotografico (la mia opzione) è possibile collezionare i timbri personalizzati di ogni località sul passaporto della BBCP.


Le panchine con vista meta della mia escursione di inizio estate sono quelle di Pilzone d'Iseo, la mia prefererita, e di Sale Marasino.

Un ampio parcheggio gratuito permette di lasciare comodamente l'auto e di incamminarsi attraverso il borgo di Pilzone per raggiungere la strada mulattiera che sale, con una pendenza costante, fino all'eremo di San Fermo (489 m). 30 minuti di salita in mezzo al bosco, quindi ben ombreggiata, con qualche scorcio sul lago. L'eremo è costituito da una chiesetta che si affaccia su di un grande prato e, in posizione distaccata, dal campanile.

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Oltre il prato appare una piccola, ma funzionale area pic-nic con tavoli protetti dalle intemperie, sul lato opposto svetta il tricolore e un'imponente panchina verde. Avvicinandosi, o ancor meglio salendo sulla panchina, grazie ad una straordinaria giornata limpida si gode di una vista che lascia senza parole, sul basso lago a sinistra e su Monte Isola a destra.

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Giallo è invece il colore che è stato scelto per l'installazione di Maspiano, località di Sale Marasino, meta della seconda parte della mia escursione. All'imbocco del sentiero che con una salita di dieci minuti in mezzo al bosco conduce alla panchina, i più fortunati possono trovare posto per due o tre automobili; altri parcheggi si possono improvvisare lungo la strada (stretta in alcuni tratti). In alternativa è possibile usufruire di parcheggi dedicati (ampi, gratuiti e ben segnalati) prima di arrivare al borgo, mettendo in conto una camminata di 20/30 minuti sull'asfalto e sotto al sole per raggiungere il sentiero. L'affaccio è su un lato di Monte Isola e sull'alto lago d'Iseo.

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Quale sarà la prossima panchina gigante sulla quale salirò?

lunedì 20 luglio 2020

Alla (ri)scoperta della Lombardia: La buona strada

La pandemia ci ha fatto rinchiudere nel cassetto i sogni di viaggi esotici, limitando i nostri confini, ma oltre ad imporci nuove abitudini ha aperto i nostri occhi sulle meraviglie che ci circondano, luoghi spesso sconosciuti anche se a pochi passi da casa.

A supportare la causa il mio zaino da escursionista quest'estate si è arricchito di gel igienizzante, mascherina, ma soprattutto del volume di un critico d'arte

La buona strada
127 passeggiate d'autore a Milano, in Lombardia e dintorni
Philippe Daverio
Rizzoli

Philippe Daverio, Alla riscoperta della Lombardia, Lombardia, viaggi

Pubblicato nel 2015, in occasione di Expo, con l'intento di far conoscere le bellezze più o meno note di Milano e delle altre città lombarde, l'ho rispolverato nelle ultime settimane quando grazie all'allentamento del lockdown siamo usciti dalle quattro mura di casa, ma senza poter varcare i confini regionali.

Dopo il piacere iniziale di aver riabbracciato i propri luoghi del cuore, lo spirito da viaggiatore necessitava però di essere nutrito di novità.

Nonostante mi consideri una buona conoscitrice di Bergamo e provincia, La buona strada mi ha dimostrato che ci sono tesori, come il Polittico di San Martino a Treviglio, che non ho ancora visto di persona e luoghi, come Romano di Lombardia, che identificavo solo nel castello visconteo (tra l'altro visto una volta sola e da fuori). La mia lista di cose ancora da vedere si allunga notevolmente quando si parla del capoluogo e delle altre province lombarde.

Il volume offre spunti interessanti per la scelta delle gite da fare in questa estate per chi, come me, non sa ancora se uscirà dai confini della regione o per chi, pur venendo da fuori Lombardia, conosce già le principali attrazioni ed è alla ricerca di chicche. Il resto lo faranno l'attenzione ai cartelli di colore marrone che ignoriamo sistematicamente sulle strade che percorriamo (alcune anche ogni giorno), l'attività delle associazioni di promozione turistica, il passaparola nella nuova forma di condivisione di immagini, utilizzo di hashtag e geolocalizzazione sui social, ma soprattutto una buona dose di curiosità.


Vi lascio un indizio sulla prossima scoperta lombarda di cui vi parlerò

La buona strada; Philippe Daverio; Panchina Gigante; Big bench; Sale Marasino; Lago d'Iseo

sabato 25 aprile 2020

Alla scoperta della Palermo ottocentesca con la famiglia Florio: I leoni di Sicilia

Dopo oltre un anno di silenzio torno a scrivere tra queste pagine e lo faccio parlando di un romanzo che mi ha riportata con la mente a Favignana. In questa quarantena di sacrifici e restrizioni, niente si avvicina di più all'idea di libertà e spensieratezza delle pedalate in lungo e in largo per l'isola, alla possibilità di fermarti in un punto a caso e buttarti in acqua, alle mille sfumature di blu del suo mare, al vento che soffia in continuazione o ai suoi indimenticabili tramonti.

L'ex stabilimento Florio appare nella sua imponenza mentre l'aliscafo di avvicina a Favignana. Ho la fortuna di visitarlo con Zio Vincenzo, un uomo anziano, che porta sulla pelle i segni dell'età, del sole cocente, della salsedine e del duro lavoro. Conosce ogni angolo di questa vasta area e racconta cosa ha significato questo luogo per lui e per centinaia di uomini. Le parole scorrono così veloci da essere spesso inghiottite, il dialetto siciliano prende il sopravvento e la narrazione lascia il posto anche alle canzoni che servivano a dare forza ai lavoratori. Il risultato è una visita emozionale senza precedenti, la migliore a cui abbia mai assistito.
La gestione della tonnara dell'isola siciliana è solo una delle attività dei Florio, ma questo l'ho scoperto solo leggendo

I leoni di Sicilia
La saga dei Florio
Stefaia Auci
Nord

Stefania Auci, Florio, Palermo,Sicilia, Favignana, leggere, la saga dei Florio

E' la fine del 1799 quando Paolo con la moglie Giuseppina e il piccolo Vincenzo, il fratello Ignazio e la nipotina Vittoria sbarcano a Palermo. Hanno lasciato Bagnara, un piccolo paese della Calabria, e quel che restava della loro famiglia per fuggire al terremoto che si è abbattuto nuovamente sulla zona. Scelgono di trasferirsi nella città siciliana perché è lì che da poco hanno aperto, con il cognato Paolo Barbaro, un'aromateria.
Il commercio di spezie è la prima attività dei fratelli Florio. L'insediamento non è facile, i palermitani sono diffidenti nei loro confronti, li etichettano come facchini, soprannome che rimarrà anche quando Casa Florio sarà una delle più importanti imprese dell'isola. L'orgoglio e l'ambizione, uniti al fiuto per gli affari e ad un grande impegno, portano Paolo e Ignazio ad essere in pochi anni il punto di riferimento non solo per i clienti, ma anche per gli aromatari e gli spezieri della città.
Crescendo Vincenzo scalpita per affiancare il padre e lo zio negli affari, fin da subito emerge con prepotenza il suo spirito imprenditoriale, che permette ai Florio di allargare i propri orizzonti: si aggiunge il commercio di zolfo, la realizzazione di una propria compagnia di navigazione e la conseguente gestione del sistema postale, la produzione di una qualità pregiata di vino Marsala, l'acquisto di terreni, case e palazzi dai nobili siciliani in difficoltà economica, la gestione di alcune tonnare e l'invenzione di un nuovo metodo di conservazione del tonno: inserito in latte ricoperte d'olio.
Accanto agli uomini della famiglia Florio vi sono due donne predominanti.
Giuseppina ha sposato Paolo non per amore, ma per volontà delle loro famiglie. Per volere del marito è costretta a rinunciare alla sua vita, a lasciare la casa di Bagnara tanto orgogliosamente portata in dote e alla vicinanza all'amata cognata, Mattia. Affianca un uomo che non le riserva mai un gesto d'amore, ma al quale si sentirà legata per sempre, anche da vedova. La sua presenza è costante anche nella vita del cognato Ignazio e dell'unico figlio.
E Giulia, difficile descrivere qui in poche parole la sua tenacia, caparbietà e il profondo amore che la legherà per tutta la vita a Vincenzo. Una donna capace di andare contro alla propria famiglia e di non curarsi del pensiero della gente. Occorre leggere il romanzo per capire di cosa è stata capace questa straordinaria donna.

"Se per te una persona è ragione di vita, non c'è nulla che tu non possa affrontare. Ma, se stare accanto a una persona è un obbligo o, peggio, un dovere che senti di dover assolvere, allora no, non devi farlo. Perchè ci saranno giorni in cui non riuscirete a parlarvi e litigherete, e vi odierete a morte e, se non c'è qualcosa che ti lega qui" e gli tocca il petto "e qui" , aggiunge, e gli sfiora la fronte, "se non trovere qualcosa che vi unisce veramente, non avrete mai la serenità. E non parlo del rispetto reciproco o della frenesia dei baci, ma dell'affetto, della certzza di poter avere una mano da stringere ogni notte dall'altra parte del letto."

Il romanzo è il risultato di uno studio della storia della Sicilia di inizio Ottocento e di un lodevole lavoro di ricostruzione delle vicende della famiglia Florio. Sa coinvolgere fin dalle prime pagine con una scrittura semplice e scorrevole, che ti assorbe al punto di farti perdere la cognizione del tempo e dello spazio. Dopo l'ultima pagina vorresti poterti allungare verso il comodino per prendere il seguito, ad oggi ancora racchiuso nella penna di Stefania Auci.

sabato 14 aprile 2018

E' sempre l'ora del tè: Piccola enciclopedia del tè

La mia giornata inizia sempre con una tazza di tè e diverse miscele mi accompagnano spesso fino a sera.

Per scoprire tutti i segreti di questa straordinaria bevanda ho letto

Piccola enciclopedia del tè
Rizzoli

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Poche pagine, accompagnate da bellissime fotografie e racchiuse in un'edizione di piccole dimensioni, ci immergono tra piantagioni e aromi di questa bevanda amata in tutto il mondo.

Dietro a quello che potrebbe apparire un prodotto semplice, si nasconde un universo di variabili che ne influenzano il gusto, tra cui le caratteristiche del terreno e del clima, la scelta del momento della raccolta delle foglie e le fasi della loro lavorazione, ma anche la scelta del tipo di acqua e di teiera e i tempi di infusione.

Tutto il vocabolario che ruota intorno al mondo del tè è qui spiegato in rigoroso ordine alfabetico.

Si parla anche di numeri, quelli della produzione e del consumo, di rituali, come la cerimonia del tè in Giappone o del tè delle cinque nel Regno Unito, dei diversi modi di gustare la bevanda nel mondo, del valore delle varie qualità e del momento migliore della giornata in cui gustarle.

La piccola enciclopedia del tè è un vero e proprio viaggio tra la storia e la geografia di questa bevanda.

domenica 11 marzo 2018

Un concentrato di personaggi: Cent'anni di solitudine

Avevo deciso di essere accompagnata dal vecchio al nuovo anno da un libro importante, di quelli che mi avrebbero lasciato il segno, e sullo scaffale ho trovato un capolavoro

Cent'anni di solitudine
Gabriel Garcia Marquez
Oscar Mondadori

Macondo, premio nobel, solitudine, romanzo

Conoscevo ben poco di questo romanzo e non ho voluto ricercare altre informazioni se non qualche dato sulla vita dell'autore. Senza nemmeno dare uno sguardo alla trama, mi sono immersa nella lettura.

Un incipit che lo renderà inconfondibile:
"Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suoi padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio."

La storia attraversa le sette generazioni della famiglia Buendìa in un intreccio di personaggi mai visto prima, che ho trascritto sotto forma di albero genealogico e al quale ho ricorso diverse volte durante la lettura per non perdere il filo.

Macondo è l'immaginario villaggio in cui si svolgono le innumerevoli vicende narrate nel romanzo. Fondato da un giovanissimo José Arcadio Buendìa, già accompagnato dalla moglie Ursula in procinto di mettere al mondo il figlio primogenito.

Si narra di personaggi di una straordinaria longevità, di storie d'amore e di passione, anche tra appartenenti alla stessa famiglia in barba alla paura di mettere al mondo "figli con la coda di maiale", ma anche di violente guerre e di scioperi, di una casa che si amplia in continuazione per far spazio ai nuovi nati e ai numerosi amici ed estranei che la frequentano, che cade nell'abbandono vittima delle erbe infestanti e delle formiche rosse che ne intaccano le fondamenta, fino a quando qualcuno non si preoccupa di ristrutturarla, dell'entusiasmo per le novità che giungono con gli stranieri e per il progresso.

I Buendia si moltiplicano pagina dopo pagina. Molti di loro condividono anche il nome (Aureliano), tutti sono segnati da un inconfondibile velo di solitudine.

Sono stata travolta dal vortice del realismo magico, che avevo in parte già conosciuto in altri romanzi di autori sudamericani: L'Isola sotto il mare, ma soprattutto La casa degli spiriti di Isabel Allende o in Dolce come il cioccolato di Laura Esquivel. Eventi assurdi si inseriscono nella narrazione come se fossero normali: la peste dell'insonnia che terrà svegli tutti gli abitanti di Macondo; piogge che cadono ininterrottamente per anni, seguite da lunghi periodi di siccità; personaggi dalla vita che sembra infinita si contrappongono ad altri che conoscono esattamente il momento in cui moriranno, altri il cui arrivo è annunciato dallo svolazzare di un gruppo di farfalle gialle e altri ancora che abbandonano la vita terrena sollevandosi in volo con delle lenzuola.

Cercando maggiori informazioni sull'opera ho appreso che gli avvenimenti, raccontati in modo più o meno fantastico, si rifanno alla Guerra dei Mille Giorni della Colombia e agli scioperi nei confronti delle compagnie bananiere.

Quello che unisce il susseguirsi dei personaggi ai più svariati eventi è una straordinaria scrittura, mai noiosa, ricca di vocaboli e fatta di anticipazioni di avvenimenti non ancora narrati.

Per la prima volta ho terminato la lettura di un libro con la voglia di ricominciarlo, subito, per assicurarmi di aver colto tutto quello che c'era da cogliere.

domenica 11 febbraio 2018

L'11 settembre ha segnato anche il destino di Lucy e Gabe: Il giorno che aspettiamo

"Ci sono alcuni momenti della mia vita che ricordo con assoluta chiarezza, come se avessi il potere di tornare indietro nel tempo e riviverli parola per parola, e poi ci sono periodi - giorni, settimane - che sembrano impossibili da distinguere l'uno dall'altro."

Il giorno che aspettiamo
Jill Santopolo
Nord


Sono certa che chiunque ricordi con precisione cosa stesse facendo o dove si trovasse l'11 settembre 2001 quando è stato raggiunto dalla notizia di quello che stava accadendo a New York.
La data ha un significato ancora più importante per Lucy che quel giorno l'ha trascorso con Gabriel (Gabe), un compagno di corso dell'università. Un vortice di emozioni sfociato in un bacio tra i due, su una terrazza del campus da dove si vedevano con chiarezza le colonne di fumo che si levavano nella zona di Manhattan. La stessa sera Gabe aveva chiamato Lucy per scusarsi per quello che c'era stato tra loro e per informarla che si era rimesso con la ex fidanzata.
Le poche ore passate insieme sono bastate a imprimersi in modo indelebile nei ricordi di Lucy al punto che ogni volta che rivedeva Gabe le veniva la pelle d'oca. Un anno dopo la laurea, durante i festeggiamenti per il suo ventitresimo compleanno Lucy incontra casualmente in un locale Gabriel e finiscono la serata a letto, a casa di lui. Il ragazzo le parla della volontà di lasciare il lavoro per fare "qualcosa che conti", ma Lucy, stanca e un pò brilla, non presta troppa attenzione a quelle parole. I due iniziano una relazione fatta di una forte attrazione fisica e dopo pochi mesi si trovano a vivere sotto lo stesso tetto. Gabe nel frattempo ha lasciato il lavoro per seguire un corso di fotografia con risultati concreti e mentre le sue doti iniziano ad emergere nell'ambiente, si fa sempre più spazio in lui la voglia di lasciare il Paese. Lucy, che aveva volutamente ignorato quel desiderio, è colpita da un fulmine a ciel sereno quando Gabe la informa di aver accettato l'offerta de L'Associated Press di andare in Iraq per un reportage sulla guerra.
Devastata dal dolore per la partenza di Gabe e la conseguente fine della loro relazione, i famigliari e le amiche di Lucy hanno fatto di tutto per sostenerla. Il dolore era così forte che sembrava impossibile potesse passare fino a quando, un week-end di fine estate, ha incontrato Darren, l'uomo che ha scelto come marito e padre dei suoi figli. Nella vita della loro famiglia, ma soprattutto nei sogni e nei ricordi di Lucy è sempre più o meno forte il ricordo di Gabe, che a volte si concretizza con e-mail, altre con telefonate o addirittura di persona quando torna a New York per le vacanze.

Il romanzo, narrato in prima persona da Lucy, è indirizzato a Gabriel. Ripercorre le tappe delle loro vite dal giorno del loro primo incontro, sui banchi dell'università. Un libro di rimpianti, in cui molti lettori non potranno fare a meno di ripensare al loro primo amore e di chiedersi come sarebbe stata la vita se al bivio avessero scelto l'altra strada.
I capitoli brevissimi, la descrizione minuziosa delle scene di sesso e la figura di Gabriel che appare e scompare in continuazione nella vita di Lucy mi hanno infastidita al punto di voler abbandonare la lettura dopo le prime pagine. Sforzandomi di dargli un'altra possibilità ho proseguito e la semplicità della storia, unita a quella della scrittura mi hanno permesso di terminare il libro in una giornata. Il romanzo si chiude troppo velocemente lasciando molte domande senza risposta. Non è certo un romanzo di quelli indimenticabili, ma una lettura che tiene compagnia e che si colloca nella storia attuale. Un plauso all'attenzione prestata dall'autrice nell'inserimento strategico di citazioni letterarie.